Pellegrinaggio a Santa Rosalia

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Pellegrinaggio a Santa Rosalia

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Quest’oggi  diciannove di settembre

lo volli dedicare a  quella Santuzza

che senza domandargli mai niente

alleggerisce i pesi alle mie braccia.

Mi incammino questa domenica mattina

per fare anche questanno “la salita”

questa volta la mia sola compagnia

è un ombrello

e tanta devozione per Santa Rosalia.

Mentre i miei piedi cominciano ad afferrare

pezzi di salita lucida e ciottolata

mi passa per la mente quante genti

a cominciare dal poveretto

e per finire a teste incoronate

hanno pestato le stesse pietre bianche

dov’è che io ora metto le pedate.

Ne vedo di tutte le razze fare il viaggio

Neri e Gialli con la stella in fronte

perfino a loro tu desti coraggio

e fanno di “Pellegrino” il loro monte.

A fianco di lato a lato della strada

si vedono passare sgangherati

verso  sotto piante di fichidindia

per patimento d’acqua rinsecchiti.

Vecchi di mille anni, le braccia a penzoloni

eppure fra le braccia tengon stretta

una povera àgave sfortunata

che la sola colpa che ebbe alla fin fine

fu il fatto di esser nata in mezzo a loro

compagni provocanti e prepotenti

piano piano la pungono nei fianchi

e aspettano la sua fine i fetenti.

Lei capisce che la sua vita è breve

e orgogliosa a essi volle fare

l’ultima soverchieria

prima che muoia boccheggiando.

Con lo stendardo alzato che è il suo fiore

dopo una vita d’inghiottire soprusi

gli sferra soddisfatta un ceffone

che dopo tanto tempo di sopportare

almeno visse un giorno da leone.

Un anzianotto di una settantina d’anni

che tiene in mano un ciuffetto di ampelodesmo

lo vedo concentrato che scrolla

vento alle spalle e di fronte alla pianta di ficodindia in piedi

le spine di un ficodindia maturo.

Il suo pensiero io gli leggo in viso

“Per ora t’accarezzo con pazienza

ma dopo vai a finir nella mia pancia!!”

Più sopra a metà strada dall’arrivo

un capitello di pietra di tufo

messo li sotto all’ombra accovacciato

aspetta che ogni viandante vi si sieda

desideroso d’un poco di compagnia

e di raccontare a chi glie lo domanda

l’antica provenienza della casata

dov’era collocato per bellezza.

“Come sei arrivato qua?”

gli domando impertinente!

Ma lui non mi risponde per vergogna

per come la mano dell’uomo lo ridusse

buttato come una cosa di poco conto

in mezzo alla sporcizia.

Le nuvole si rincorrono arrabbiate

e ogni tanto qualche goccia cade

e fa diventare melmoso il ciottolato sotto il passo

facendo perdere la presa al piede.

Rumore di passi e di punta dell’ombrello

è la sola musica che l’orecchio sente

ora che gli uccelli si sono rintanati

per la pioggia che può arrivare all’improvviso.

La devozione di una vecchietta

che paga la promessa fatta a te

mi fa vergognare davanti la grotta.

A carponi tutta inzuppata

con le ginocchia e le mani insanguinate

sale con le ginocchia la scalinata

che solo così tutte due pareggiate il conto.

Arrivo finalmente a casa tua

ti vedo incastonata in una nicchia

scavata piano dalla mano dell’acqua

che insieme al tempo “suo compare”

dono d’amore te ne volle fare.

Sopra le teste è di latta il canalato

che parte dal tetto fino a sotto

porgendosi con delicatezza

gocce di lacrime di pugnali di grotta.

Lacrime di un mondo fatto di bombe e guerre

sangue che esce da carni di innocenti

che per gli interressi di quattro potenti

vengono scannati senza colpa alcuna.

Santuzza Rosalia tu ci guardi

pensaci tu snodala questa matassa

fai finire queste atrocità

falle asciugare tu le nostre pupille.

I fazzoletti sono inzuppati di pianto

di madri distrutte dal dolore

un altro miracolo mettilo nel mio conto

perchè la Peste ora la chiamano “Terrorismo”.

Vincenzo Aiello

 Bagheria;11/11/2004

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