La storia di Bagheria
I Fenici, avventurieri e conquistatori, sempre in cerca di nuove terre, attratti dalle bellezze della Trinacria, approdarono ai piedi del Mongerbino al Capo Zafferano; ascesero il monte fino al punto più alto e qui, ammirata la superba bellezza panoramica e la fertilità della terra circostante, decisero di fermarsi per fondare la città di Solunto. Un maestoso monumento di pietra tufacea con l’effige di Giove, genitore di Ercole, venne presto elevato dai Fenici conquistatori.
Solunto, terra ambita e martoriata da varie battaglie, maestra di luminosa civiltà per oltre 20 secoli, bella nei suoi immortali marmi, splendida nell’arte dei suoi mosaici, nella poesia dei suoi templi, preziosa nei capitelli e negli affreschi, incantevole nei colori dei suoi campi, del suo mare e del suo cielo, fu poi ridotta ad un ammasso di macerie, interrate dai venti e dal tempo, forse dai Romani o forse dai Saraceni. Dopo anni di scavi sono stati portati alla luce i monumenti di Giove e d’Iride, l’ara dedicata a Poseidone, e poi monete antichissime che raffigurano Ercole che uccide un leone o Nettuno con un ramoscello d’ulivo. Ben conservati sono gli avanzi del Gimnasio, i ricchi pavimenti di mosaici, i vasi di vetro e terracotta di pregevole fattura, i resti del teatro. La leggenda narra che in epoca preistorica il Colle dove fu poi fondata Solunto era dominato da un terribile gigante antropofago di nome Soleus, fortissimo, cattivo ed egoista. Ercole, semidio greco figlio di Giove, audace, forte e coraggioso, attratto dalle bellezze naturali del monte Catalfano, salì sul Mongerbino per godere dall’alto il divino panorama quando, all’improvviso, si trovò dinanzi l’enorme mostro, geloso della terra soluntina, in minaccioso atteggiamento di sfida. Ercole, l’imbattibile figlio dell’Olimpo, lo affrontò dunque con estremo vigore uccidendo il nefasto Soleus, da cui prese il nome l’acropoli di Solunto. A tergo della “Cittadella”, sul colle d’oriente del Catalfano, dal lato del mare, il Mongerbino domina un incantevole paesaggio, pieno di sole, di verde e di mare. La riviera, che accoglie tanti graziosi villini, è oggi un ambito luogo di villeggiatura sia per italiani che per stranieri.
La città di Bagheria sorge nella ridente valle della metropoli palermitana, tra i due incantevoli golfi di Palermo e Termini Imerese. Dista circa 13 chilometri da Palermo e si trova a 85 metri sul livello del mar Tirreno.
E’ circondata dai monti Alfano, Giancaldo, Consuono e dalla splendida marina di Aspra che si estende nella Conca d’Oro tra il Mongerbino e il monte di Capo Zafferano. Completano il pittoresco paesaggio la Montagnola di Serradifalco (alta 165 metri) e la collinetta di Valguarnera (135 metri) che si elevano nella parte alta dell’abitato, tra la folta vegetazione degli agrumeti, odorosi di zagare, e le nobiliari ville secentesche e del ‘700.
Il nome Bagheria, secondo varie fonti, ha origine dal termine fenicio Bayharia “zona che discende verso il mare”.
Le prime strutture edilizie si sviluppano lungo la costa intorno al XV secolo, sotto forma di torri d’avvistamento. Attorno ad esse sorgono i primi miseri casolari dei braccianti che lavorano nelle terre dei
nobili. Si coltivano in prevalenza viti, ulivi, mandorli e fichidindia.
Nel 1658 Giuseppe Branciforti, conte di Raccuja, in seguito ad una cocente delusione politica per la mancata nomina da parte del governo spagnolo, quale vicerè di Palermo, decide di ritirarsi a Bagheria, dove costruisce Villa Butera che diventerà la sua dimora definitiva. Ha origine così la città di Bagheria che conduce in campagna oltre ad un personaggio così importante anche lo spostamento di una piccola corte che trae sostentamento dalle ricchezze del Branciforti.
Nel 1769 Salvatore Branciforti, principe di Butera, nipote del conte di Raccuja, realizza il primo schema urbanistico di Bagheria. Egli costruì prima un grande edificio addossato al castello medievale per congiungere il Palazzo Butera con la nuova via Palermo-Messina, fece tracciare poi il grande corso principale denominato “corso Butera”; ortagonalmente a questo tracciò un altro largo corso fino ai “pilastri” che delimitavano i suoi possedimenti. Sistemò infine il centro urbano con l’edificazione della Chiesa Madrice che fa da fondale allo “Stradonello” (l’attuale corso Umberto I).
Successivamente, nel 1797, Ercole Michele Branciforti, figlio di Salvatore Branciforti, fece costruire nella pineta retrostante il castello, l’originale “certosa”, un padiglione neoclassico che raccoglieva un bizzarro museo del costume con figure in cera di monaci certosini, eseguiti dal Ferretti, alle quali diedero anche volto alcuni celebri personaggi del tempo. Della certosa non esiste più nulla, solo parte delle mura perimetrali tra cipressi ormai polverosi e rinsecchiti.
Dopo la costruzione del castello dei Branciforti, l’espansione urbana e suburbana di Bagheria ebbe un grande sviluppo con l’edificazione di quasi tutte le sontuose ville, i castelli ed i palazzi dei nobili signori della Sicilia. Bagheria diventò così il luogo privilegiato delle villeggiature dell aristocrazia palermitana.
Purtroppo molto è andato distrutto, i parchi delle ville sono stati sacrificati alla crescita di un disordinato agglomerato urbano, e di alcune costruzioni non resta che il ricordo.
Il paese divenne comune autonomo (con l’annessa frazione dell’Aspra marinara) il 21 settembre del 1826, grazie ad un decreto reale firmato da Francesco I. Gli abitanti erano 5349.
Lo Stemma municipale, simile a quello della famiglia Branciforti, è sormontato da corona turrita, e presenta a destra la figura di un leone rampante ed a sinistra un ramoscello di vite con grappoli d’uva.
Sul finire del secolo Bagheria sarà protagonista di una importante riforma agraria che cambierà il volto produttivo della zona e porterà alla nascita di piccoli stabilimenti di agrumi e per l’imbottigliamento del vino, tra cui il famoso Mortillaro.
Vari cenacoli di cultura promuoveranno un rinnovamento intellettuale, seguito da un’intensa attività giornalistica che porterà alla nascita del giornale “L’Alba Soluntina” diretto da Gioacchino Guttuso Fasulo, padre del pittore Renato. Seguiranno “L’Eco”, giornale polemico e anticlericale di Salvatore Scordato, “La Nave”, e “L’Era Nuova”.
Nel 1911 viene fondata la “Casa della Cultura”, sotto la guida di Peppino Verdone. Alla formazione della gioventù contribuirà la filodrammatica organizzata e diretta dallo stesso Verdone, che porterà avanti la sua attività nel teatro comunale di Palazzo Butera.
Attorno agli anni Trenta nasce il cinema parrocchiale organizzato da Monsignor Domenico Buttitta con cineforum per giovani e famiglie. Molto attivo sarà l’artigianato bagherese e soprattutto la ancata nomina da parte del governo spagnolo, quale vicerè di Palermo, decide di ritirarsi a Bagheria, dove costruisce Villa Butera che diventerà la sua dimora definitiva. Ha origine così la città di Bagheria che conduce in campagna oltre ad un personaggio così importante anche lo spostamento di una piccola corte che trae sostentamento dalle ricchezze del Branciforti.
Nel 1769 Salvatore Branciforti, principe di Butera, nipote del conte di Raccuja, realizza il primo schema urbanistico di Bagheria. Egli costruì prima un grande edificio addossato al castello medievale per congiungere il Palazzo Butera con la nuova via Palermo-Messina, fece tracciare poi il grande corso principale denominato “corso Butera”; ortagonalmente a questo tracciò un altro largo corso fino ai “pilastri” che delimitavano i suoi possedimenti. Sistemò infine il centro urbano con l’edificazione della Chiesa Madrice che fa da fondale allo “Stradonello” (l’attuale corso Umberto I).
Successivamente, nel 1797, Ercole Michele Branciforti, figlio di Salvatore Branciforti, fece costruire nella pineta retrostante il castello, l’originale “certosa”, un padiglione neoclassico che raccoglieva un bizzarro museo del costume con figure in cera di monaci certosini, eseguiti dal Ferretti, alle quali diedero anche volto alcuni celebri personaggi del tempo. Della certosa non esiste più nulla, solo parte delle mura perimetrali tra cipressi ormai polverosi e rinsecchiti.
Dopo la costruzione del castello dei Branciforti, l’espansione urbana e suburbana di Bagheria ebbe un grande sviluppo con l’edificazione di quasi tutte le sontuose ville, i castelli ed i palazzi dei nobili signori della Sicilia. Bagheria diventò così il luogo privilegiato delle villeggiature dell aristocrazia palermitana.
Purtroppo molto è andato distrutto, i parchi delle ville sono stati sacrificati alla crescita di un disordinato agglomerato urbano, e di alcune costruzioni non resta che il ricordo.
Il paese divenne comune autonomo (con l’annessa frazione dell’Aspra marinara) il 21 settembre del 1826, grazie ad un decreto reale firmato da Francesco I. Gli abitanti erano 5349.
Lo Stemma municipale, simile a quello della famiglia Branciforti, è sormontato da corona turrita, e presenta a destra la figura di un leone rampante ed a sinistra un ramoscello di vite con grappoli d’uva.
Sul finire del secolo Bagheria sarà protagonista di una importante riforma agraria che cambierà il volto produttivo della zona e porterà alla nascita di piccoli stabilimenti di agrumi e per l’imbottigliamento del vino, tra cui il famoso Mortillaro.
Vari cenacoli di cultura promuoveranno un rinnovamento intellettuale, seguito da un’intensa attività giornalistica che porterà alla nascita del giornale “L’Alba Soluntina” diretto da Gioacchino Guttuso Fasulo, padre del pittore Renato. Seguiranno “L’Eco”, giornale polemico e anticlericale di Salvatore Scordato, “La Nave”, e “L’Era Nuova”.
Nel 1911 viene fondata la “Casa della Cultura”, sotto la guida di Peppino Verdone. Alla formazione della gioventù contribuirà la filodrammatica organizzata e diretta dallo stesso Verdone, che porterà avanti la sua attività nel teatro comunale di Palazzo Butera.
Attorno agli anni Trenta nasce il cinema parrocchiale organizzato da Monsignor Domenico Buttitta con cineforum per giovani e famiglie. Molto attivo sarà l’artigianato bagherese e soprattutto la costruzione del carretto sicilianocostruzione del carretto siciliano.
Molto famosa la bottega di Emilio Murdolo, maestro del noto Guttuso, la cui tradizione continua con le “Putìe” messe su a Villa Cattolica, oggi sede della pinacoteca comunale.
La cultura dell arte contemporanea all interno del paese è testimoniata dal Museum, uno spazio espositivo messo su da un privato, che raccoglie le opere degli artisti siciliani più significativi.