I vecchi di Bagheria
Sono rimasti in pochi
i vecchi che si riuniscono in piazza
e si contano nelle dita delle mani
quelli che hanno la storia impressa in faccia.
Ne vedo uno che ha la fronte come uno spartito
e mi sforzo a leggere cosa ha scritto in viso.
Mi pare di leggere che era un contadino
che zappava la sua terra
per allevare il frutto d’oro
uno di quelli che con sudore di zappa
riuscì a dare dignità e una casa alla sua famiglia.
E zappava e …e dissetava le piante…e a tempo di raccolta
faticava uscendo dal campo i cesti di limoni
e con il carretto colmo di casse
e l’odore del cavallo nelle narici
portava i verdelli in magazzino.
E quello…mi pare di leggere che era un potatore
che come un direttore d’orchestra
teneva in mano tronchesina e seghetto
e eliminava con maestria i rami più infruttuosi.
Mi pare di leggere ora sulla fronte dell’altro
che era un magazziniere che toglieva i piccioli, calibrava
e avvolgeva i limoni nella carta velina disegnata
mettendoli in bella vista nelle cassette per la spedizione.
Leggo invece nell’altro
che come mio padre lavorava presso La Carovana
a riempire vagoni di treni
che ogni sera partivano pieni di limoni
per il settentrione e per l’estero.
Ora che il malsecco ha preso l’avvento
negli agrumeti tutti abbandonati
e gli ultimi vecchi che fecero la storia
della grande Bagheria vanno morendo
di buono rimane poco e niente
quasi quasi anche i Pupi della Villa Palagonia
se potrebbero scendere dai piedistalli dove sono appoggiati
farebbero fagotto per scappare lontano
da questo paese diventato come un estraneo