Bagheria Madre mia
Duchi Contesse Principi e Baroni di epoche passate / ti misero al collo gioielli preziosi / rutto di desideri di grandezza. / Sopra le tue carni di femmina prosperosa / appoggiarono ville e palazzi colmi di ogni ricchezza / che abbagliavano le pupille. / Niente ti mancava allora. / Avevi bellezza ricchezze e lavoro per i tuoi figli. / I tuoi giardini riempivano di profumo tutta la Conca d’Oro / e i forestieri che passavano a stormi come calabroni / restavano affascinati dalla tua zagara incantatrice / e se ne andavano ubriachi di gelosia. / La sola sfortuna che avesti Madre mia / fu quella di avere figli troppo ingordi / che si attaccarono ai tuoi seni / senza capire quando era l’ora di mollare i capezzoli. / Figli che per fare i propri interessi / demolirono muri di gran valore artistico / e coprirono giardini che fecero rimanere sbalorditi / viaggiatori e scrittori famosi.
Figli che squagliarono anche le cere della Certosa / per farne candele che illuminarono / solo gli antri dell’ignoranza dell’uomo / e in quelle mura affrescate dai migliori artisti / piantarono chiodi dove legare gli animali. / Figli che ora che la Madre è moribonda e sta spirando / si accorgono di averle spolpato pure le ossa. / I figli dei tuoi figli che ora si accorgono / che quei pochi abiti stracciati che ti sono rimasti addosso / erano stati cuciti dai migliori sarti / con mani pietose ti accarezzano le guance / e ti vogliono mettere il rossetto per farti sembrare più sana / e nella tua testa mezza calva / vogliono mettere una parrucca bionda / per farti diventare di nuovo giovane. / Ma la Madre si deve volere bene quando ride / e non quando e ridotta pelle e ossa / e ha già i piedi dentro la fossa.